C’è un capitolo dell’inchiesta bis su Antonello Montante che coinvolge quelli che al tempo erano i vertici della Direzione investigativa antimafia che secondo la Procura di Caltanissetta in concorso tra loro e con l’ex presidente di Confindustria Sicilia sarebbero andati oltre le loro prerogative “per acquisire materiale informativo o investigativo” a carico di una serie di imprenditori e professionisti, alcuni dei quali personaggi in vista del capoluogo nisseno: Tullio Giarratano, Umberto Cortese, Pietro Di Vincenzo e Pasquale Tornatore.
Con Montante sono indagati per corruzione in concorso l’ex capo della Dia Arturo De Felice, l’ex capo centro di Palermo Giuseppe D’Agata e l’ex capo centro di Caltanissetta Giuseppe Scillia.
In questo capitolo dell’inchiesta le attenzioni – secondo l’ipotesi accusatoria della Procura – erano rivolte anche ai palermitani Giuseppe Amato, Pasquale e Francesco Foresta (quest’ultimo giornalista fondatore e direttore di Live Sicilia fino alla sua scomparsa prematura) e l’imprenditore agrigentino Salvatore Moncada. Il materiale da raccogliere doveva essere “funzionale ad attivare nei confronti di questi ultimi procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione al fine di arrecare loro nocumento, atti da considerarsi contrari ai doveri d’ufficio in quanto adottati in violazione delle regole che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale loro attribuito”. Per la Procura nissena quegli accertamenti non erano espletati “in vista del perseguimento del pubblico interesse bensì per assecondare le richieste avanzate da Antonio Calogero Montante”. Le utilità elencate dal procuratore aggiunto Gabriele Paci e dai sostituti Davide Spina e Claudia Pasciuti, sarebbero consistite in incarichi per figli, affini o amici, almeno per De Felice e Scillia. Nel 2013 De Felice in concomitanza di diversi incontri con Montante avrebbe sollecitato i centri DIA in Sicilia per l’avvio di indagini di polizia giudiziaria, o in alternativa finalizzate a misure di prevenzione patrimoniale, nei confronti degli imprenditori sopra menzionati “pur in assenza di presupposti sufficienti ad avviare qualsivoglia attività investigativa sui nominativi segnalati dal direttore”. Nell’avviso di garanzia recapitato ieri agli indagati si riporta anche una riunione operativa in cui il capo della DIA dal settembre 2013 sollecitava ulteriori approfondimenti formalizzando al centro di Caltanissetta la richiesta di acquisizioni documentali su Di Vincenzo e Tornatore. Da Roma partirono, su richiesta della DIA di Caltanissetta, 11 provvedimenti funzionali all’acquisizione inerente rapporti finanziari intrattenuti da tale Shams Aldin Killi e Tornatore. Approfondimenti – scrive la Procura – “che portavano all’acquisizione di elementi del tutto privi di qualsivoglia interesse investigativo”. L’allora capo centro di Caltanissetta Scillia, accogliendo le sollecitazioni del direttore “e interloquendo personalmente con il Montante”, in un appunto trasmesso al capo del II Reparto trasmetteva notizie su Tullio Giarratano, Umberto Cortese, Pietro Di Vincenzo e Pasquale Tornatore allegando informative precedenti al 2012 e lamentando l’inerzia della Procura della Repubblica di Caltanissetta. Si premurò anche di inviare un appunto all’allora procuratore capo perorando la necessità di riprendere le attività investigative per poi tornare a proporre agli uffici centrali (ed al I e II Reparto), nuovi accessi bancari e accertamenti su Tornatore, Cortese e Giarratano. Elementi che la Procura allora guidata da Sergio Lari non ha ritenuto di avallare per l’avvio di indagini.