Gli indagati dell’inchiesta “H2O”, coordinata dalla Procura di Gela con il capo Ferdinando Asaro ed il sostituto Luigi Lo Valvo, sul maxi furto di acqua pubblica, accusati di aver creato di fatto una rete parallela alla condotta idrica Gela-Aragona, gestita da Siciliacque, per riempire gli invasi artificiali a “costo zero”, sono tutti agrigentini. Sono imprenditori agricoli di Licata (ma anche Canicattì e Favara), alcuni già censiti e inseriti nell’elenco delle vecchie conoscenze delle Forze di Polizia, con proprietà che si estendono tra il popoloso centro dell’agrigentino e Butera. Il Gip del Tribunale di Gela, Marica Marino, ha firmato un provvedimento cautelare con cui applica diverse misure interdittive come il divieto di accesso alle aziende agricole da loro gestite o di loro proprietà, oltre al divieto di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria respingendo la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dalla Procura per 14 dei 26 indagati. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, sono associazione a delinquere e furto aggravato d’acqua potabile con l’aggravante di aver commesso il fatto su beni destinati a pubblico servizio e utilità. Tra gli indagati spicca il nome di Calogero Ferro, 67enne di Canicattì, figlio di Antonio, storico capo della mafia agrigentina già coinvolto in numerose inchieste giudiziarie per mafia e particolarmente noto al procuratore della Repubblica di Gela Fernando Asaro che delle vicende mafiose canicattinesi e siciliane si è occupato per svariati lustri. Recentemente, dopo un sequestro imponente di beni, è stata rigettata dai giudici della speciale sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento la richiesta di confisca dei beni sequestrati Ferro ha scontato una condanna a cinque anni di reclusione per associazione mafiosa. Il patrimonio sequestrato e poi restituito consiste in due aziende agricole fra le province di Agrigento e Caltanissetta (quello che riguarda l’inchiesta H2O, due fabbricati, quattro macchine agricole, sette rapporti bancari, e 270 ettari di terreno. I beni sono stati stimati 15 milioni di euro ed erano stati sequestrati nel 2012. Anche due suoi fratelli avevano subito il sequestro e poi la restituzione di patrimoni ereditati dal padre, il boss di Canicattì Antonio Ferro, condannato per mafia e deceduto per una grave malattia.
Gli indagati. Gianluca Incorvaia, 37 anni di Licata; Antonino Russo, 59 anni di Licata; Salvatore Russo, 29 anni di Licata; Giovanni Marotta, 46 anni di Licata, Angelo Sferrazza, 53 anni di Licata; Calogero Sferrazza, 55 anni di Licata; Vincenzo Sferrazza, 33 anni di Licata; Carmelo Sferrazza, 43 anni di Licata; Rosario Galletto, 55 anni di Licata; Giacinto Marzullo, 55 anni di Licata; Bruno Licata, 47 anni di Licata; Raffaele Licata, 57 anni di Licata; Angelo Porrello, 49 anni di Licata; Calogero Ferro, 67 anni di Canicattì; Francesco Truisi, 61 anni di Licata; Enzo Marco Mulè, 49 anni di San Donato Milanese; Giuseppe Natale, 39 anni di Licata; Angelo Lo Brutto, 55 anni di Licata; Gaetano Callea, 41 anni di Licata; Francesco Incorvaia, 38 anni di Licata; Giuseppe Ballacchino, 44 anni di Licata; Paolo Giambra, 47 anni di Licata; Giuseppe Zarbo, 65 anni di Licata; Emanuele Sanfilippo, 49 anni di Licata; Antonino Broccia Veneziano, 51 anni di Favara; Angelo Consagra, 50 anni di Licata.
L’indagine inizia alla fine del 2019 dopo le diverse denunce presentate da Siciliacque per i continui furti con conseguenze soprattutto nel Comune di Licata. “Durante le indagini – ha detto il procuratore Fernando Asaro – è emerso che nel mese di marzo dello scorso anno la società Siciliacque ha immesso in rete 75 litri al secondo di acqua dal nodo Gela lungo la condotta e presso il serbatoio Safarello ne sono arrivati solo due creando disagi alla distribuzione idrica a Licata”. “Ma i furti non sono finiti – ha detto il sostituto procuratore Luigi Lo Valvo – stamattina sorvolando la zona ci siamo accorti che ce ne sono altri”. Il mega furto d’acqua sarebbe avvenuto in una zona di campagna tortuosa, al confine tra le province di Caltanissetta ed Agrigento. Siciliacque ha creato delle squadre tecniche per la ricerca degli allacci abusivi “e un dipendente – ha raccontato il dirigente del commissariato di Gela, Filippo Puzzo – è stato pesante minacciato”. Tra i personaggi più noti coinvolti nell’inchiesta troviamo, oltre a Calogero Ferro, anche Angelo Consagra, un licatese più volte pizzicato dall’Autorità giudiziaria. Già coinvolto nell’operazione “Aut Aut” del 23 febbraio 2012 che portò in manette 18 persone tutte ritenute inserite nella “banda di Licata”, che condizionava e manipolava, come definita Pm, con violenze e minacce gli esiti delle aste giudiziarie, acquisendo a prezzi stracciati gli immobili posti appunto all’asta. Il suo nome è tornato all’attenzione degli inquirenti un mese fa, il 2 luglio scorso, quando nella zona del litorale di Falconara, territorio di Butera (Cl) è stato compiuto un agguato che ha avuto per vittima il bracciante agricolo Luigi Gueli, 55 anni, incensurato, raggiunto da più proiettili sparati da uno sconosciuto, uno dei quali lo ha centrato al volto. L’uomo era a bordo di un’auto di proprietà ed in uso ad Angelo Consagra, suo datore di lavoro, e percorreva una strada poderale di contrada Falconara, nelle campagne comprese tra Licata e Butera quando è stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco.