Sigilli ai beni di un esponente della Stidda che era stato fatto condannare da Rosario Livatino. Immobili e conti correnti per 400 mila euro, sequestrati dal personale della Divisione Polizia Anticrimine, Sezione Misure di Prevenzione patrimoniali della questura di Agrigento, ai fratelli di Canicattì, Antonio e Giuseppe Maira, di 65 e 71 anni. Si tratta di immobili situati a Canicatti’ e Caltanissetta e depositi bancari. Nello specifico, 5 appartamenti con relative pertinenze, 3 magazzini, depositi bancari intestati anche ai familiari (19 rapporti bancari/finanziari per la precisione) e un’autovettura Audi Q3. Lo scorso gennaio il giudice Zammuto ha disposto nei loro confronti condanne (4 anni e 8 mesi per Antonio e 5 anni per Giuseppe Maira) per usura ed estorsione. Quest’ultima vicenda (i due fratelli erano già a processo per usura nell’inchiesta Cappio) nasce da un blitz congiunto dei poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento, agli ordini del vicequestore aggiunto Giovanni Minardi, e dei carabinieri della Compagnia di Canicattì, guidati dal capitano Luigi Pacifico, a seguito della denuncia di un piccolo imprenditore che dopo due anni di soprusi, ha trovato il coraggio di denunciare i suoi aguzzini dicendo che nel 2016, in un momento di difficoltà economica, ottenne 25mila euro in contanti da uno dei fratelli, dietro la promessa di restituzione di 2.500 euro mensili, imputabili quali interessi, senza la fissazione di un termine per la restituzione del capitale. Tre gli episodi di usura contestati dagli inquirenti ai due fratelli, già sotto processo per lo stesso reato (inchiesta Cappio) ad Agrigento. Contestate anche le aggravanti. Una delle vittime, a cui i due avevano di fatto svuotato conti e dignità, è addirittura fuggita al nord Italia per sfuggire alle continue minacce rivolte anche ai familiari. Dei due fratelli, Antonio e’ stato personaggio di primo piano nel panorama criminale della provincia agrigentina, in quanto continguo gia’ negli anni ’80 alla Stidda, subendo diverse condanne, tra cui quella piu’ pesante inflittagli con la pubblica accusa sostenuta dall’allora giovane magistrato Rosario Livatino, proclamato Beato la scorsa domenica. Secondo i vari collaboratori di giustizia, il magistrato fu ucciso proprio a causa delle pesanti condanne ad affiliati della Stidda, tra cui Antonio Maira, condannato anche per traffico di droga e armi, nel 1986, a 22 anni e sei mesi, poi ridotti in appello a 17 anni e sei mesi: la condanna piu’ elevata che sconto’ fino al 2004.
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