Arriva il primo verdetto per l’inchiesta
sulla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo diretta da
Silvana Saguto. Il gup di Caltanissetta Marcello Testaquatra ha assolto
il giudice Tommaso Virga, che era accusato di abuso d’ufficio, per
alcune presunte pressioni finalizzate a far nominare il figlio Walter
come amministratore giudiziario. “Il fatto non sussiste”, dice ora la
sentenza emessa al termine del rito abbreviato. E’ stato invece
condannato per falso uno dei giudici a latere della dottoressa Saguto,
Fabio Licata. Due anni e quattro mesi è il verdetto. Licata è stato
invece assolto dalle ipotesi di abuso d’ufficio e rivelazione di notizie
riservate (le contestazioni riguardavano l’aumento del compenso per il
marito della Saguto e una presunta soffiata sul trasfermento
dell’inchiesta da Palermo a Caltanissetta). La condanna riguarda tre
sigle apposte su alcuni provvedimenti giudiziari: Licata avrebbe firmato
al posto di Silvana Saguto, che risultava in servizio, ma non era in
ufficio. I pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti
avevano chiesto tre anni per Licata. E’ risultata falsa la firme apposta
sul provvedimento di liquidazione emesso nell’ambito della procedura
Italgas. Falsa anche la firma sul decreto di sequestro per gli
imprenditori Rappa ed Evola.
Per Virga, ex componente del Consiglio superiore della magistratura, era
stata invece sollecitata una condanna a 1 anno e 6 mesi. L’accusa
ipotizzava che Silvana Saguto avesse nominato il figlio Walter (pure lui
imputato) nell’amministrazione Rappa per cercare sostegno e protezione
nel collega, che faceva parte della sua stessa corrente. Ricostruzione
che però non è stata accolta dal giudice. Tommaso Virga era difeso
dall’avvocato Enrico Sorgi.
La sentenza emessa questa mattina dispone la trasmissione di alcuni atti del processo in Procura, una perizia ha infatti scoperto un’altra firma falsa che sarebbe stata apposta da Licata. Disposto un risarcimento del danno per gli imprenditori Gabriele, Filippo e Vincenzo Corrado Rappa, che si erano costituiti parte civile. L’ammontare verrà quantificato dal tribunale civile, ma intanto il giudice Testaquatra assegna ai tre fratelli una “provvisionale”, una sorta di anticipazione del risarcimento, 10 mila euro per ciascuno.
Licata dovrà risarcire anche l’Agenzia beni confiscati, la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Giustizia, pure loro costituiti parte civile. La difesa del magistrato annuncia battaglia in appello: “L’assoluzione dai reati di abuso d’ufficio e rivelazione di notizie riservate vuol dire che il dottore Licata non faceva parte di alcun cerchio magico – dice l’avvocato Marco Manno, che assiste il giudice con il collega Roberto Mangano – la condanna è arrivata solo per tre sigle, dimostreremo che non sono del dottore Licata”. Nei mesi scorsi, anche il Csm si è mosso per Licata, condannandolo alla perdita di due mesi di anzianità. (Repubblica)